A metà gennaio ci siamo ritrovati nel bel mezzo di una crisi di governo che poteva sprofondare il paese in un abisso. E dunque, giusta o sbagliata che fosse nel merito, la mossa è da condannare. E’ stata un’iniziativa sbagliata, al di là di quelli che saranno i risultati del nuovo governo. Conte non meritava questa fine. E io lo avrei visto molto bene nella nuova compagine di governo alla guida di un dicastero di peso. Ma è andata così. E da quel giorno si doveva solo guardare avanti valutando le diverse alternative sul tavolo. Gli analisti politici hanno iniziato a scaldare i motori proponendo visioni e previsioni, ricette e soluzioni, retroscena e auspici.
Il ventotto gennaio, ospite a Otto e Mezzo su La7, Travaglio affermava che si stava andando inesorabilmente verso le elezioni anticipate. In realtà, anche un deficiente (nel senso letterale del termine) capiva che quella era l’unica opzione impossibile per più di un motivo. D’altro canto, se uno preferisce fare il giornalista satirico, attaccando tutti coloro che gli sono invisi (politici, colleghi, testate giornalistiche), affibbiando loro degli appellativi da comico consumato (“Il pregiudicato”, “l’Innominabile”, “Sambuca Molinari”, “Il cazzaro verde”, ecc.), non può che smarrire la lucidità quando si tratta di fare il giornalista serio e l’analista politico. Se uno non riesce più a sfoggiare l’intelligenza nel senso etimologico del termine (leggere dentro, andare oltre, gettare lo sguardo in profondità, per poi formulare giudizi ex-post e, soprattutto, ex-ante, riuscendo a intuire, a prevedere ciò che accadrà), è giusto che si concentri sugli spettacoli dove, grazie a una pletora di beoti che lo idolatrano, può guadagnare molto di più. E qualche tempo fa, quando si manifestavano i primi rumours, preconizzava l’indisponibilità di Draghi ad assumere il ruolo di premier. Anche qui, intuizione illuminata. E ancora, sempre ospite di Otto e Mezzo, affermava che i 5Stelle e la Lega non avrebbero mai sostenuto Draghi. E daje! E, per giunta, le sue affermazioni e/o previsioni sono sempre perentorie, comunicate con un certo piglio, accompagnate da questo sorrisetto compiaciuto di superiorità. Ora sembra che sia stato abbandonato anche da Grillo e dai 5Stelle. E ha già iniziato ad attaccarli. Probabilmente continuerà ad attaccarli a tambur battente. Fine di un idillio. Con Grillo sarà un bel duello sul terreno della satira con nomignoli e appellativi a profusione. Gli rimangono Di Battista (quello che aveva promesso che in quindici giorni avrebbero smantellato la TAP nel Salento…), la Lezzi e la Raggi. E per confermare il suo delirio, oltre a prevederle le elezioni, è arrivato ad auspicarle. Si è schierato contro il governo Draghi mettendo in evidenza l’incompatibilità delle forze che lo sostengono. Innanzitutto, avrebbe dovuto riflettere sull’alternativa al neonato governo, ovvero elezioni con vittoria del centrodestra e Salvini a gestire la fase più delicata dal secondo dopoguerra in poi. E, alla luce della situazione a dir poco drammatica, al di là della pericolosa eterogeneità delle forze di governo, è meglio avere al comando Draghi o Salvini? Se l’Italia si fosse presentata in Europa con Salvini premier avrebbe preso tanti calci nel culo da rimbalzare a tempo indeterminato. Avere Forza Italia e la Lega al governo non è un bel vedere (ma la Lega ha governato con i 5Stelle nel primo governo Conte, mi pare…). Per di più, esponenti quali Brunetta e Gelmini sono difficilmente digeribili. Ma pensate a un governo presieduto da Salvini e con soli esponenti di Lega, FdI e Forza Italia!
Ma il suo errore più grave, e di chi la pensa come lui, consiste nel trascurare l’eccezionale emergenza della congiuntura che esige la sospensione della logica dell’ordinario. In questo frangente era necessario evitare a tutti i costi le elezioni per tre motivi fondamentali:
-non alimentare ulteriormente i contagi con milioni di persone alle urne;
-poter implementare subito (non tra tre mesi) il piano di vaccinazione che possa condurci fuori dal tunnel;
-presentare entro due mesi il Recovery Plan pena il rischio di compromettere la possibilità di avere in dotazione oltre 200 miliardi, che significherebbe la morte definitiva del paese.
Non mi pare che sia necessaria una particolare intelligenza per capire che adesso conta solo questo. E che si debba fare subito! E che si debba fare sotto la guida di una persona autorevole che goda di grande credibilità nel mondo (Draghi, appunto)! Poi, tra un anno si può ritornare alla logica della normalità e quell’incompatibilità politica può, e deve, di nuovo avere senso come argomento inconfutabile. Naturalmente, non è solo il buon Travaglio a non capire. Ci sono addirittura molti esponenti della sinistra che invocavano le elezioni che avrebbero regalato a Salvini la guida del governo! Tutto in nome del popolo sovrano. Sì, del popolo sovrano…e della democrazia diretta su Rousseau…
In realtà Travaglio è incazzato nero perché “l’odiato” Renzi è riuscito nel suo intento di mandare a casa “l’amato” Conte per sostituirlo con Draghi. E i 5Stelle, alla fine, hanno accettato. Invece, lui voleva che si vendicassero. Credo proprio che se si fosse concretizzato il Conte ter con dentro anche Lega e Forza Italia, non sarebbe stato così contrario. Però, non potendo criticare Draghi (per ovvi motivi), allora si concentra sugli alleati “maledetti”.
Un altro campione di lucidità e profondità prestate all’analisi politica è tale Scanzi (discepolo di Travaglio e amico di Di Battista…), che sentendosi “il fico del giornalismo”, si atteggia a bulletto dell’informazione, una specie di “Fonzie degli opinionisti”. Anche lui si dedica agli spettacoli e allo show con invettive molto colorite e intrise di spocchia. Per dimostrare che, come il suo direttore, ci azzecca poco in quanto ad analisi dello scenario politico, alle ore diciassette e venti del tre febbraio postava su Facebook una sorta di editoriale nel quale, oltre a tante altre cazzate, dava del coglione (più o meno) a chi riteneva Renzi il vincitore della partita a scacchi e a chi prevedeva che i 5stelle si sarebbero spaccati sul governo Draghi. Anzi, sosteneva che Draghi li avrebbe ricompattati e che avrebbe vinto l’ala più movimentista e di lotta del suo amico Di Battista…
Infatti, detto fatto. Grillo è sceso pesantemente in campo, ha dovuto raggiungere per due volte nel giro di pochi giorni Roma per indirizzare e condizionare (come sempre) il voto “libero”. Poi hanno rinviato di qualche ora le consultazioni (farsa) per non correre rischi e, nonostante tutto, il risultato della consultazione sulla piattaforma è stato: 60 a 40! Subito dopo Di Battista ha lasciato il Movimento (che per loro è l’unica nota lieta)! E, nelle ultime ore, la Lezzi chiede un altro voto su Rousseau minacciando il no al governo Draghi. E la scissione è dietro l’angolo. Compattezza allo stato puro…come aveva intelligentemente previsto Scanzi! Non pago, nel corso della puntata di Otto e Mezzo del dodici febbraio, pieno di livore, definiva i 5stelle delle capre (mutuando il termine da Sgarbi che non dovrebbe godere della sua stima…). Se anche fosse vero, potremmo dire che lui e Travaglio ci hanno impiegato tanto tempo prima di scoprirlo…Pertanto, anche qui un po’ più di intelligenza avrebbe fatto comodo! Di capra in capra…
Quanto a Renzi poi, può piacere o non piacere, e la sua mossa, come già detto, va condannata. E gli si può imputare il fatto che abbia giocato con il futuro del paese e sulla pelle degli italiani per meri interessi personali. Ciononostante, non si può negare che sul piano prettamente politico abbia vinto perché, pur avendo il 3% di voti, è riuscito a portare a casa l’obiettivo (far cadere il governo Conte per sostituirlo con un governo Draghi). Travaglio e Scanzi lo deridevano in quanto con un pugno di voti a disposizione voleva decidere le sorti del governo Conte. Eppure lo ha fatto! E questo significa vincere la battaglia. Poi sulla moralità della vittoria si può discutere. Negli ultimi tempi, quando ha voluto mandare a casa qualcuno c’è sempre riuscito nonostante i numeri esigui che può vantare. Ha scommesso sul fatto che Conte non avrebbe trovato i numeri al Senato (mentre altri erano fiduciosi sui tanti “responsabili”, che in altri tempi avrebbero etichettato come “venduti”) e ha avuto ragione. Da un punto di vista dell’intelligenza politica, della scaltrezza, della dialettica e dell’oratoria, non ha rivali. E’ per distacco il più dotato. Purtroppo, quell’intelligenza, spesso, la utilizza male, facendosi prendere la mano da un eccesso di protagonismo e da una bramosia di visibilità che lo portano a sfasciare anche per risentimento personale.
E’ curioso notare come Travaglio, Scanzi e Barbacetto (ospite della puntata di Tagadà del dodici febbraio) abbiano sempre assegnato a Renzi il 2% dei voti e non il 3%. Mah…forse la matematica non sarà mai il loro mestiere…
Cambiando versante, il risultato è identico. Il dodici febbraio, ospite a Coffee Break su La7, Bagnai (una delle menti illuminate della Lega) faceva pena nel tentativo di giustificare il cambiamento radicale del suo partito dopo che per anni, insieme a Borghi, ci ha ammorbato le palle con una battaglia ideologica feroce contro l’Europa, l’Euro, la perdita della sovranità popolare, e altre menate di tal fatta. Poi in un paio di giorni tutto spazzato via. Ma non gli ha fatto difetto la faccia di bronzo, dipinta da una vergognosa ipocrisia, nel dire che non erano loro ad aver cambiato idea ma tutti gli altri…Una bassezza morale e intellettuale da far tremare i polsi!
E ora tutti i giornali vicini al centrodestra diventeranno europeisti, antisovranisti, magari anche favorevoli al Mes, ecc.
Per concludere, esprimo la mia solidarietà alla miriade di lacchè (di destra, di sinistra e di centro) che, dopo aver conseguito diverse lauree su facebook (nelle materie più disparate), hanno condotto una battaglia veemente per supportare gli esponenti politici di riferimento nelle baggianate che andavano propinando. Poi, nel giro di ventiquattr’ore, quegli stessi esponenti politici sfoderavano una giravolta degna di nota, spazzando via mesi (o anni) di intenso lavoro (di lingua e d’intelletto), studio e sacrificio dei loro fedeli lacchè. Ora, dopo la figura di merda, scopriranno anche che le lauree rilasciate da facebook non hanno valore legale…
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DECALOGO PER IL POST VIRUS
Speriamo di uscirne presto. Ma non dobbiamo illuderci: altri virus o pandemie sono dietro l’angolo e, tra non molti anni, probabilmente, si manifesteranno. Abbiamo scoperto che il mondo occidentale (ricco e all’avanguardia?), alla stessa stregua o quasi di altre zone meno fortunate, può essere un facile bersaglio.
Per scongiurare uno scenario di questo tipo ci dobbiamo confrontare con noi stessi e con il nostro recente passato. Si rende necessario un nuovo approccio al futuro. Ed è per tale motivo che abbiamo deciso di condensare le regole di una “nuova stagione” in un decalogo per politici, decisori e cittadini.
-I motti tramandati di generazione in generazione, e che parevano luoghi comuni e modi di dire, del tipo “la salute prima di tutto”, “pensa alla salute”, “quando c’è la salute c’è tutto”, ora devono diventare comandamenti divini, leggi inderogabili, stelle polari del nostro agire. Tutto il resto, compreso il benessere, il progresso e l’economia, vengono dopo. Da oggi la nostra condotta di vita deve essere costantemente improntata al principio di precauzione. E la tutela della salute, individuale e collettiva, deve diventare il must per eccellenza.
-Richiamandoci al punto precedente va da sé che, anche in termini di spesa pubblica, la sanità deve collocarsi al primo posto, o almeno ad un rango superiore. Il sistema sanitario era strutturato per rispondere alle criticità previste e prevedibili, ma non era preparato ad affrontare le pandemie che sembravano solo elementi storiografici o emergenze tipiche di luoghi lontani. Non è più così. E quindi si devono cambiare i parametri. Niente più tagli massicci e chiusure di ospedali. Lotta agli sprechi sì, contrasto feroce a corruzione, truffe, infiltrazioni mafiose, ecc., ma no a tagli di risorse. Per evitare l’esplosione della spesa pubblica ci sono altri rimedi. Ad esempio, si deve cancellare quella miriade di enti pubblici inutili e inspiegabili, la cui esistenza è utile solo a garantire un posto di lavoro agli amici (e agli amici degli amici) o che vengono utilizzati come ricompensa per politici “trombati” alle elezioni, che con la loro candidatura hanno contribuito all’elezione di qualcuno che li può sistemare…
E gli altri enti afferenti al pubblico che dovessero sopravvivere dovrebbero essere gestiti da manager, da persone con competenze specifiche comprovate e non da politici o ex politici che nella vita privata facevano tutt’altro (in ossequio al criterio “dell’eterno riciclo”)! Ma questo è solo uno dei tanti esempi di razionalizzazione della spesa pubblica. Molti altri si presentano ai nostri occhi in tutta la loro evidenza (e assurdità…).
-Avendo evidenziato la necessità di aumentare le risorse da destinare alla sanità, di pari passo è doveroso aumentare i fondi alla ricerca soprattutto quella parte che si occupa di cura della salute e di salvaguardia del pianeta, le cui ripercussioni sulla salute sono facilmente intuibili.
-E’ giunto il momento di tornare indietro. Sì all’abolizione del numero chiuso per l’accesso alla Facoltà di Medicina. Servono molti più medici. Capisco che ampliare il numero degli studenti potrebbe comportare uno scadimento della loro formazione e della loro preparazione a causa della limitazione di strutture, attrezzature, professionisti e altro. Ma la soluzione si può trovare. Anche perché, come già accennato, parallelamente si dovrà procedere a un potenziamento di tutta la “macchina sanitaria”. E, comunque, adesso la prima esigenza prevale sulla seconda. Senza considerare che molti diventano medici all’estero e, in qualche modo, aggirano le barriere all’entrata vigenti in Italia. E poi, stop alla nomina di primari ospedalieri e dirigenti sanitari su base politica. Si viola il principio di pari opportunità e, soprattutto, si violenta il principio meritocratico magari nominando persone che non sono all’altezza per quel ruolo. E ciò genera problematiche intuibili (anche di natura economica). I presidenti di Regione non possono nominare primari o altre figure assimilabili (direttore generale, direttore sanitario, ecc.) né devono influire in alcun modo nella nomina che deve essere completamente sganciata dalle dinamiche politiche.
-Non si può più procrastinare la ricerca di soluzioni serie e drastiche per contrastare il surriscaldamento del pianeta, i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico. La scusa del progresso tecnologico che non può essere fermato non regge più. Non è necessario tornare a un modello di vita di alcuni decenni fa. Ma, sicuramente, un passo indietro, che corrisponde a un passo avanti in termini di cura del pianeta, è obbligatorio. Emarginare con tutti i mezzi possibili i decisori che si rifiutano di intervenite in tal senso. L’esempio classico è rappresentato da Donald Trump (ma purtroppo non è il solo…). Chiunque dovesse continuare a tirarsi indietro quando si tratta di discutere di tali tematiche, o dovesse proseguire in questo assurdo negazionismo, dovrebbe essere combattuto senza esitazione alcuna e perseguito come un criminale. Deridere Greta Thunberg o altri attivisti non è più tollerabile! E poi etichettare coloro che condividono lo sforzo di Greta come dei “gretini” non è nemmeno ironico…
-Anche il modello di globalizzazione vigente va messo parzialmente in discussione. Lungi da me pensare alla chiusura perpetua delle frontiere, al protezionismo, all’isolamento identitario, ecc. Mi sono sempre dichiarato contrario a principi di questo genere che, in realtà, rappresentano dei disvalori. Ma, negli ultimi tempi, la globalizzazione è diventata selvaggia. Bisogna regolamentarla, soprattutto in situazioni di emergenza. A titolo di esempio, se tra qualche tempo dovesse insorgere un altro virus, non si dovrebbe esitare un solo istante nel chiudere le frontiere per un certo lasso di tempo. Viaggiare un po’ di meno non è una rinuncia drammatica se in ballo c’è la vita.
-Ridurre ai minimi termini la burocrazia. Sono decenni che si parla di sburocratizzazione ma poi nella realtà tutto rimane come prima. In Italia siamo affezionati a un certo bizantinismo che ci permette di sfoggiare un’eredità culturale di rilievo. Chi scrive ama il barocco in tutte le sue manifestazioni, ma adesso bisogna dare un taglio netto a ricami, ridondanze normative, passaggi burocratici infiniti, scartoffie e tanto altro ancora. Il paese non può più rimanere intrappolato nelle pastoie burocratiche che paralizzano l’attività degli enti locali e delle Istituzioni in genere. Basta con la miriade di carte, delibere, autorizzazioni, visti, certificazioni, et similia, se non quelle finalizzate a garantire la sicurezza in senso stretto delle opere. Il potere di funzionari e dirigenti pubblici, che spesso si trasforma in un potere di veto e in un fattore ostativo esiziale, deve essere ridimensionato notevolmente. Non possono più essere premiati con lauti premi di produzione pagati dai cittadini (che si sommano a stipendi cospicui) solo perché i politici hanno interesse a “tenerseli buoni”, a fronte di un lavoro non sempre impeccabile…E, nel caso lo meritino, devono essere licenziati! La loro tutela (leggi e potere dei sindacati) è eccessiva. La pubblica amministrazione deve essere semplificata poiché è al servizio dei cittadini mentre negli ultimi tempi ha assunto le sembianze del nemico dei cittadini. In quest’ottica, ad esempio, si può rinunciare parzialmente ai vincoli stringenti delle norme relative agli appalti pubblici (di opere e di servizi), come anche quelle inerenti avvisi e bandi pubblici. Non è più tempo di formalismi inutili e odiosi! Bisogna procedere con celerità. Tutte queste norme sono state concepite per contrastare l’illegalità, ma è forte la sensazione che siano state ideate anche, e soprattutto, per “mantenere il controllo”, per accentrare il potere, per poterlo gestire in un certo modo. L’illegalità si combatte con la certezza delle pene e con il rigore delle stesse. Anche la magistratura e le dinamiche giurisdizionali devono fare i conti con la tempistica e con le esigenze di celerità. In questa selva di ricorsi, impugnazioni, Tar, Consiglio di Stato, lungaggini processuali, e via discorrendo, il paese langue. Ci sono opere pubbliche delle quali si parla da trent’anni e sono ancora ai nastri di partenza (o forse ancora più indietro). Questo non significa che tutte le opere proposte siano da realizzare, ma quelle che si devono fare non possono vedere la luce dopo una gestazione di decenni. Ai funzionari e dirigenti pubblici si deve dare un tempo per ogni atto o procedimento. Se non lo rispettano devono essere sanzionati, se non licenziati. Questo paese non può più essere ostaggio dei burocrati e delle leggi che li forgiano!
-E’ il momento di regolamentare meglio l’erogazione di alcuni beni e servizi fondamentali. Per citarne alcuni che coinvolgono tutti possiamo pensare alla benzina e ai servizi bancari. Il prezzo della benzina aumenta in misura direttamente proporzionale a quello del petrolio solo quando questo cresce, mentre quando il petrolio diminuisce il prezzo alla pompa diminuisce ma in misura meno che proporzionale (diminuisce molto poco). Sappiamo tutti che in Italia, più che in altri paesi, il prezzo è gravato moltissimo dalla componente fiscale (Iva, accise) che rappresenta oltre il 65% del prezzo. Lo Stato ci perderebbe molto se il prezzo calasse a un livello ragionevole, ma nella fase post Covid non si può pensare che, magari a causa di altre turbolenze sui mercati, si possa di nuovo intravedere lo spettro dei 2 euro per un litro di benzina verde. Bisogna trovare una soluzione. Si deve passare da un range di 1,5-2 euro degli ultimi anni a un altro di 1-1,5 euro (possibilmente più vicino al valore minimo…).
E per ciò che concerne le banche sarebbe auspicabile un giro di vite. Non possono più chiedere aiuto allo Stato per rimediare ai danni frutto di scelte aziendali quanto meno discutibili per poi gratificare i manager responsabili con buonuscite milionarie. Se lo Stato, alla luce del ruolo fondamentale che assumono nel sistema economico, finanzia le banche, deve imporre una conditio sine qua non ovvero l’allocazione di quelle risorse in un certo modo (ad esempio immettendo una quantità minima di denaro sul mercato a determinate condizioni e a determinati soggetti).
-Nelle fasi di congiuntura particolarmente negativa o in situazioni di emergenza vera, si rende necessaria una revisione delle regole dettate da una politica improntata al principio di austerità. Questo non significa deregulation tout court, a prescindere, ma ricerca di un modello che, con equilibrio, riesca a indicare ora condizioni rigorose ora condizioni flessibili. L’integralismo senza se e senza ma non è mai una buona strada.
-L’ultima regola sarebbe la più importante ma, temo, la più utopistica. I cittadini devono scegliere meglio i propri rappresentanti politici. E altrettanto devono fare i partiti e i movimenti nella selezione degli stessi. Non auspichiamo di certo l’avvento della “sofocrazia (o noocrazia)” proposto da Platone (anche se in teoria sarebbe il massimo…), ma almeno una presa di coscienza matura circa l’importanza del ruolo che non può essere interpretato da molti (o addirittura da tutti…). Al di là dei valori morali e dell’etica pubblica, non possiamo più affidarci agli incompetenti, agli incolti, agli spacconi d’altri tempi, ai miliardari in cerca di un altro tipo di ebbrezza, agli sceriffi del vecchio west, ai beceri animati da istinti che si nutrono di nazionalismo, razzismo, ecc. E, per rimanere nel solco delle scelte razionali, ricordiamoci anche che la tecnologia è un ausilio importantissimo per la vita, ma non è la vita stessa. I social non sono la “vera socializzazione”. Essa rimane un concetto che rimanda a quello di contatto umano. Pensate a cosa potrebbe succedere a molte vite se tra qualche tempo facebook dovesse sparire: vuoto cosmico, incapacità di comunicare, perdita d’identità, depressione, suicidi di massa, e non so cos’altro…
Per concludere, potrei anche ammettere che le misure che propongo possano essere eccessive e difficilmente praticabili, soprattutto nel breve periodo. Ma se, tra un po’, tutto dovesse essere relegato nel dimenticatoio, e si riprendesse a marciare come prima, saremmo costretti a vivere presto, e spesso, tragedie ben più gravi di quella che adesso ci sta attanagliando.
IL VOTO È UN DIRITTO MA NON È UN DOVERE!
Tra pochi giorni si torna a votare. E, puntuali, giungono gli inviti rivolti agli elettori a fare il proprio dovere in ossequio ad una coscienza civica che esige impegno e partecipazione. Gli alfieri della retorica galoppante si assumono il compito di caricare di significati e valori l’esercizio del voto configurandolo come il diritto-dovere per antonomasia. E ci si spinge a evocare le nobili battaglie per rivendicare il diritto di voto a tutti e le vite umane sacrificate sull’altare di tale nobile ideale. Tuttavia, quelle battaglie sacrosante sono da celebrare perché ci hanno garantito il diritto di voto, ma ancor di più ci hanno garantito il diritto di scegliere; e anche non votare è una scelta assolutamente legittima e rispettabile se affonda le radici in un rifiuto motivato di appoggiare candidati, partiti e schieramenti in campo. Una cosa è non votare per menefreghismo o pigrizia o incuranza, ben altra cosa è non votare perché nessuno dei candidati riflette il sistema di valori nei quali uno crede. Non c’è nessun dovere a votare a prescindere, turandosi il naso, violentando il proprio orientamento e le proprie convinzioni. Votare il male minore non è una soluzione. Se tutti i contendenti non mi soddisfano, o peggio mi sembrano lacunosi e inaffidabili, non voglio che il mio voto contribuisca a fare qualcosa che non condivido. E chi asserisce che non votare significa comunque far vincere qualcun altro, attinge ancora una volta alla retorica comoda di chi cerca di strappare un voto in più. L’appoggio espresso con un voto ha un peso decisamente differente da un presunto vantaggio conseguito da chicchessia grazie ad un non voto! Il voto deve esprimere una posizione convinta. Non si può votare “per cambiare”, per “provare qualcun altro”, per rabbia. Capisco che una posizione di questo tipo possa spingere una tantum a votare obtorto collo, ma non può rappresentare un approccio sistematico, un’impostazione culturale. Solo in un caso ritengo legittimo l’esercizio del voto che non sia frutto di una convinzione ferma: quando tra due o più contendenti si manifesti la pericolosità concreta, circostanziata e grave di uno dei due (o più), allora è giusto votare l’altro anche se non ci entusiasma. Io l’ho fatto una volta, e lo rifarei se si ripresentasse lo stesso scenario, ma è un’eccezione. Pertanto, non fatevi condizionare da chi vi esorta a votare comunque, a fare il vostro dovere. Dobbiamo essere eternamente grati a chi ci ha garantito il diritto di voto, permettendoci di scegliere se votare e chi votare. Ma quelle battaglie non miravano certo ad obbligarci a votare. E se il discrimen tra un cittadino di serie A e uno di serie B è rappresentato dalla frequenza con la quale ci si reca alle urne, allora siamo sicuramente in presenza di un sistema di pensiero di serie C!
BR…EXIT
Gli inglesi hanno deciso di andare. E subito si accodano la Le Pen, Salvini e gli altri euroscettici. Prima di sfoggiare soddisfazione e volontà di emulazione, io aspetterei un po’…Vediamo se tra qualche anno i sudditi dell’Impero che non c’è più (ma loro ancora non se ne rendono conto) penseranno ancora che la exit way fosse la strada maestra.
E, forse, bisognerebbe condurre un’analisi sociologica sui perché di questo voto. Innanzitutto, l’onda di protesta (qualcuno la definisce populismo), che in questi anni ha trovato un mare propizio, continua ad alimentarsi a causa della crisi economica e delle disuguaglianze che la società attuale porta in dote. Inoltre, si dovrebbe anche valutare il grado d’istruzione, il livello culturale e l’elemento anagrafico (fascia d’età) di chi ha votato sì e di chi ha optato per il no; in questo modo si otterrebbe qualche risposta illuminante. E, the last but not the least, il rifiuto di accogliere, di farsi carico di una quota di immigrati, una buona dose di razzismo e di xenofobia, hanno giocato un ruolo decisivo nell’orientare il voto. Comunque, il popolo ha deciso così e così sia…
Intanto, alla luce del voto in Scozia e Irlanda del Nord, si profila un’altra Brexit, questa volta non della…ma dalla…E anche il Regno Unito sarà probabilmente meno unito; si ritorna alle divisioni e alle disgregazioni dopo la corsa alle unioni.
Certo, pensare ad un ritorno ai nazionalismi, o ai regionalismi, provincialismi e localismi, evoca un passato poco rassicurante e per certi versi assai inquietante.
Tuttavia, anche per chi, come me, crede che sia meglio stare in Europa piuttosto che ritornare nell’alveo degli antichi recinti che determinano emarginazione e isolamento, è giunto il momento di rivendicare un’Europa diversa.
Questo voto deve rappresentare un input utile per accelerare nella direzione di un’Europa unita per davvero. L’immobilismo in termini di unificazione effettiva sul piano politico, politiche economiche improntate al principio dell’austerity anche quando la contingenza richiedeva buon senso ed elasticità, una burocrazia eccessiva che, in paesi come l’Italia, s’innesta su un sistema già ridondante ed intollerabile, un senso di lontananza e di governo fittizio, un modus operandi che acuisce il sentire comune di un modello di governance presidiato da burocrati, lobbies, establishment, élites di varia natura, sono tutti elementi che necessitano di una riflessione attenta e ponderata. E’ ormai improcrastinabile un cambio di rotta, un ripensamento di quelle che, fino ad oggi, sono state le coordinate di un cammino che rischia seriamente di sfociare in una ritirata indecorosa.
DEMOCRAZIA A PAROLE…
Gli italiani hanno lottato strenuamente per conquistare la democrazia. Poi però, la loro indole di individuare un “capo” e di farne oggetto di idolatria, dopo un po’, si fa largo. Negli ultimi vent’anni la personalizzazione della politica, il leaderismo esasperato, la delega in bianco, hanno caratterizzato la vita del belpaese. Su Berlusconi e i berlusconiani è inutile dilungarsi. Avrebbero anche giurato che Ruby Rubacuori, oltre a essere la nipote di Mubarak, era la cugina di Gesù pur di corroborare la tesi difensiva del Cavaliere. Ciò che lui affermava si ribadiva come un ritornello di una canzone di successo. I grillini (già il nome tradisce la vocazione) si affidavano anima e cuore al comico-statista. E chi non era d’accordo con la ditta Grillo-Casaleggio andava incontro all’espulsione (che rievoca l’istituo dell’epurazione e le liste di proscrizione. Anzi, ad un certo punto fu anche pubblicata una lista di giornalisti invisi al Movimento…). I dipietristi osannavano Di Pietro a prescindere dalle sue evidenti lacune, i dalemiani idem, i vendoliani anche, i renziani perpetuano la tradizione, ecc. Qualunque cosa dica il “capo” va bene. E ci si impegna, arrampicandosi sugli specchi, a ribadirne la bontà e la valenza, a giustificarne le motivazioni e la ratio, a celarne le contraddizioni, a contrastare i contestatori. E, ahinoi, tale malvezzo esonda i confini della politica per inondare le dinamiche sociali sotto tutti i punti di vista. Che sia un politico, un allenatore di calcio, un giornalista, un tronista, un vip, un anchorman, un intellettuale, non conta. Si elegge il proprio idolo e ci si schiera dalla sua parte senza se e senza ma, a prescindere, acriticamente. Tutto ciò che dice e che fa è ben detto e ben fatto! Lo si difende a spada tratta e si nega l’evidenza pur di non ammettere mai che abbia sbagliato, foss’anche per una volta sola. Evviva la democrazia! Naturalmente, non si può pensare che siffatto malcostume sia proprio solo degli italiani. E’ una prerogativa di molti esseri umani al di là della nazionalità o della razza; ma forse il popolo italiano, in questa particolare classifica, si posiziona ben oltre la media…
REFERENDUM INFICIATO
In autunno si celebrerà un referendum confermativo assai delicato. La materia in oggetto è il nuovo assetto istituzionale dello stato in virtù di una riforma costituzionale. Cioè dobbiamo avallare o cassare una riforma di quello che può essere visto come l’involucro entro il quale si muovono dinamiche politiche e sociali che dovrebbero informare il nostro futuro. Per fugare ogni dubbio in via preliminare, dichiaro di non aver studiato a fondo la riforma proposta. Mi riprometto di farlo prima del voto in modo da avere un’idea circa i contenuti e i possibili risvolti della riforma stessa. Ma, sulla scorta del dibattito (acceso come piace agli italiani) partorito già da tempo, dico subito che Renzi, al di là di ciò che propone, ha commesso un grave errore: quello di caricare oltremodo di significati il referendum stesso. Attribuire all’esito del voto il proprio futuro politico (mettendoci la faccia come si usa dire), dichiarando che la vittoria del “no” lo indurrebbe al ritiro (seguito poi a ruota dal fedelissimo ministro competente, Maria Elena Boschi), significa dare in pasto agli affamati italiani la possibilità di strumentalizzare l’istituto referendario e di votare solo in base all’appartenenza politica e al desiderio di mandare a casa Renzi o di salvarlo, confermarlo e garantirgli (e garantirsi…) un futuro al potere! E’ doveroso precisare che, purtroppo, per tutti i referendum questa è diventata una prassi consolidata. Pochissimi votano conoscendo la materia e mossi dalla volontà di incidere sulla stessa. La stragrande maggioranza vota a seconda di chi lo propone e di chi lo osteggia, di chi è per il Sì e chi è per il No…Ma questo referendum, proprio per le ragioni di cui sopra, che ne segnalano l’importanza e la delicatezza, doveva essere sottratto a questa lotta aprioristica tra guelfi e ghibellini, a siffatto modus operandi deprecabile e assurdo, ad uno stillicidio di motivazioni ipocrite a sostegno dell’una o dell’altra posizione. E pertanto, Renzi ha sbagliato nel momento in cui ha voluto legare il proprio futuro politico, e quello della sua politica, all’esito del voto. Ancora una volta ciò che in teoria dovrebbe esprimere la nobiltà di un confronto politico fatto di valori e ideali, si trasforma in una partita di calcio nella quale, per i contendenti e per i supporters, conta solo vincere…
DAI TEMPO AL TEMPO
Riportiamo, leggermente rivisitato, un articolo del sottoscritto apparso su Tuttocasarano (sito di informazione noto oltre i confini casaranesi). Siamo nell’ottobre del 2008!
Il 16 Ottobre si è tenuto il consiglio comunale con all’ordine del giorno una questione delicatissima e, per certi versi, controversa: la costruzione di un sito per la produzione di radiofarmaci. Una vera e propria vexata quaestio. In altre parole, si trattava di fugare i dubbi sul potenziale pericolo ambientale e sanitario per tutti noi e per le generazioni future. Naturalmente, l’operato del Sindaco, da sempre allergico alla chiarezza ed alla trasparenza, che altro non sono che lo specchio di una democrazia, aveva ingenerato tali atroci dubbi. Sui giornali campeggiavano titoloni che facevano riferimento alla mancanza della documentazione necessaria, alle difficoltà della commissione consiliare di valutare il caso con conseguenti dimissioni a raffica e, financo, a due visite dei Carabinieri a Palazzo dei Domenicani per far luce sulla vicenda. Insomma, una bella patata bollente. Sono invitati a relazionare ed a fornire delucidazioni in merito alla questione, il responsabile dell’azienda produttrice, alcuni tecnici del settore ed il Dott. Serravezza, noto ed autorevole oncologo casaranese ed esponente del fronte del no. Oltre che alla questione sostanziale della bontà e/o della pericolosità dell’iniziativa, si dovevano chiarire molti aspetti riconducibili alla procedura che, a detta di molti, faceva pensare ad un iter amministrativo sospetto…Inizia il dibattito e subito si nota un certo ostracismo nei confronti del Dott. Serravezza motivato da un doveroso e pedissequo rispetto per le regole del consiglio stesso. Infatti, il Presidente del Consiglio, oltremodo zelante, richiamava continuamente all’ordine chiunque si azzardasse ad intervenire senza il suo consenso. Evidentemente, le regole del Consiglio comunale valgono di più della salute dei cittadini presenti e futuri…Comunque, il Dott. Serravezza, dopo aver minacciato di abbandonare l’aula, riesce ad esporre le sue ragioni anche con toni animati e con appelli accorati. Entrando nel vivo del dibattito, mi hanno colpito particolarmente tre interventi.
Il primo di un consigliere, medico di professione, che, concludendo, si rivolgeva al Sindaco dicendogli che se anche avesse commesso delle irregolarità procedurali, in virtù del nobilissimo fine, aveva fatto bene! Da che mondo è mondo il fine giustifica i mezzi! Anche noi abbiamo il nostro Machiavelli! Ora, al di là del fatto che io ancora non ho certezze sulla bontà del fine, mi chiedo: d’ora in poi, ogniqualvolta l’obiettivo da raggiungere dovesse essere ritenuto importante, ci sarebbe automaticamente l’autorizzazione a calpestare la legge? Naturalmente, nessun fine, ancorchè nobile, può autorizzare a conculcare i regolamenti del Consiglio Comunale!
Anche il secondo intervento diventa particolarmente interessante al suo volgere alla fine. Passando dalla zappa al trattore fino al titanic, egli afferma che il progresso comporta qualche rischio e che mai una guerra è stata vinta senza morti… e siccome si parlava del pericolo, sempre ipotetico, di tumori… qualche brivido ha percorso le nostre schiene! Un riferimento diciamo di cattivo gusto…(credo che emerga con chiarezza la mia predilezione per gli eufemismi..). E comunque, ci sono i regolamenti…ed il pubblico deve tacere! Anche se si parla della loro salute gli astanti devono tacere!
Il terzo intervento degno di nota è di un consigliere spesso critico nei confronti del Sindaco. Da sempre paladino dei deboli, fino a poco tempo prima, con lo stesso entusiasmo rimarcava il suo ruolo di oppositore, pungolatore e bacchettatore del Sindaco da lui ritenuto l’artefice di tutti i mali…Egli esordisce esibendosi in un’invettiva contro il pubblico reo, a suo dire, di volersi impossessare di un potere che, in quel consesso, spetta solo a lui ed ai suoi colleghi. A suo parere, solo la cortesia del Presidente (quello dei regolamenti sacri) aveva permesso qualche sporadica “intrusione” dei cittadini allarmati per la loro salute. Inoltre, il consigliere sottolineava che il pubblico doveva ringraziarli per la loro bontà e la loro umanità perchè, in difetto di queste qualità, avrebbero allertato le forze dell’ordine contro il pubblico stesso! Mancavano solo i carri armati! Continuando, egli tesseva le lodi del Sindaco che lo gratificava con un <<bravo…>> e lui, esultante ed ebbro di gioia, con un sorriso smagliante si congedava.
Dulcis in fundo, finalmente tocca al Gran Capo, il nostro Sindaco, quel biricchino che , forse, aveva commesso qualche irregolarità nelle procedure. Dopo aver sfoderato la solita apologia di sé stesso basata sulla sua capacità di vedere oltre, di essere illuminato e lungimirante, chiude il discorso definendo chiusa la questione legata ai dubbi sulla salute mercé le rassicurazioni dei tecnici relatori. Ora, io non capisco perchè si debbano considerare sacre le affermazioni del responsabile della casa produttrice (quindi palesemente di parte) e di altri tecnici (indiscutibilmente qualificati) e si debbano snobbare le teorie del Dott. Serravezza che è super partes. Boh…Peraltro, in via incidentale, gli unici a non essere stoppati e bacchettati dal Presidente, in ossequio ai sacri regolamenti, sono stati proprio i relatori in rappresentanza del fronte del si…
Tuttavia, quando tutto volgeva al termine, ecco il colpo ad effetto del Sindaco! Egli afferma che è stata scritta una bella pagina di DEMOCRAZIA…E nessuno, neanche dai banchi dell’opposizione, osa manifestare dissenso o indignazione! Ma come? Se, su un tema che definire scottante è riduttivo, neanche i consiglieri e gli assessori erano informati (non parliamo della cittadinanza)…se siamo arrivati ai Carabinieri in Palazzo… se, per poco, il pubblico presente non veniva caricato dalle forze dell’ordine…questa sarebbe la bella pagina di DEMOCRAZIA? Ma è una commedia o un horror? Ma l’etimologia del termine DEMOCRAZIA la conoscete?
Sono andato via con un sorriso sulle labbra intriso d’amarezza e con il pianto nel cuore!
Concludendo, alcune considerazioni. Anzitutto, vorrei ricordare a quei signori che, strepitando, rivendicano il loro poteruccio, che esso non deriva da una chiamata dall’alto o da un concorso vinto, ma bensì unicamente dal loro ruolo di rappresentanti del POPOLO; che l’unico vero depositario del potere di decidere del proprio futuro, soprattutto quando si parla di argomenti di questo tipo, è il POPOLO SOVRANO! E torniamo sempre al concetto di DEMOCRAZIA! Inoltre, io, invece di termini quali potere e diritto, ne adopererei altri quali dovere e responsabilità…perché è anche, e soprattutto, dalla terminologia usata che si evince lo spirito con il quale ci si approccia a questo ruolo!
L’ultima riflessione, evidentemente, è rivolta al Sindaco. Egli, nel corso del suo intervento, ha stigmatizzato (lo fa spesso) un certo terrorismo psicologico montante. Ebbene, anche qui nessuno si azzarda a replicare. Si deve essere dotati di una intelligenza sovrumana per capire che è proprio il suo metodo di gestione della Res Publica a generare quel terrorismo psicologico! Credo che sia addirittura inevitabile che, al cospetto di una gestione (degli interessi della collettività) che mortifica la partecipazione, che nega le informazioni, che ingenera una percezione di nebulosità, che alimenta cattivi pensieri, comincino a serpeggiare dubbi, timori, insinuazioni, allarmismi e paure che, diffondendosi, partoriscono scenari come quelli che il Sindaco denuncia. Ed è di tutta evidenza che questa linea di condotta rappresenta il terreno fertile anche per quel terrorismo psicologico di matrice strumentale, alimentato ad arte ed in mala fede. Ed è per questo che si dovrebbe agire cercando di non dare adito a simili strumentalizzazioni. Peraltro, io non credo proprio che in questa vicenda si possa ravvisare un siffatto disegno opportunistico. Io continuo ad insistere, a costo di essere noioso, sulla “particolare delicatezza” della questione. Se si parla di altre tematiche, dinanzi ad un rischio quantificabile in una possibilità su cento, io azzardo…ma se parliamo della salute di una collettività, io non azzardo neanche se il rischio fosse di una possibilità su un milione! Io pretendo l’inesistenza del rischio! Inesistenza significa…zero possibilità su un milione! Ad esempio, il Dott. Sandri (uno dei relatori), peraltro molto chiaro ed esaustivo, nel suo intervento, più volte, definiva i rischi …trascurabili. Ecco quel termine mi inquieta… Io esigo che siano inesistenti e non trascurabili!
Comunque, è stata scritta una bella pagina di DEMOCRAZIA…
Enrico Fattizzo
Ora, dopo otto anni, e alla luce degli ultimi sviluppi (indagini sui protagonisti della vicenda per un’ipotesi di truffa per ottenere illeciti finanziamenti, sequestro degli opifici, della casa e dei conti correnti di uno degli indagati ad opera della magistratura, dirigente comunale di allora coinvolta pesantemente nelle indagini, ecc.), ci si chiede: ma era tutto vero? E quella parte politica che sosteneva questo “progetto”, poco tempo dopo spingeva per la realizzazione di una mega centrale a biomasse (per fortuna scongiurata da una sollevazione popolare e dall’impegno di alcune forze politiche) dai risvolti ancor più inquietanti. Poi, alcuni pensarono bene di fare retromarcia (per ragioni di opportunismo credo…). E, nonostante tutto, questi signori ancora si fanno vedere in pubblico, ostentano sicurezza, godono di stima e considerazione (un po’ meno di prima a dire il vero)! Ah, caro, vecchio, ingenuo popolo…